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logo dello Spazio PMR STREGATI DAL TRAGER

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la "qualità della vita" attraverso il movimento.

Fabienne Hirsch, la nostra prima insegnante di Trager                  Fabienne Hirsch, la nostra prima insegnante di Trager

pubblicato su PSICODINAMICA - Gennaio 1999
Maria Rosa Manicone e Piermario Clara

Ci è stato chiesto di scrivere un articolo sull'Integrazione Psicofisica Trager, per cui, come da manuale, abbiamo iniziato con l'inquadrare lo stile della rivista, il target a cui si rivolge, le possibili facce e reazioni dei lettori, le dimensioni richieste, l'impaginazione e bla e bla e bla… Insomma, stavamo strutturando proprio un bell'articolo: razionale, informativo, esauriente, stimolante…

Ma il Trager è essenzialmente sentire, esperienza, fatti concreti insomma.
Proprio partendo dalla concretezza della nostra personale esperienza vorremmo trasmettervi la sensazione di "toccare" il Trager.

Primavera 1990, Piermario sta frequentando un corso di massaggio che prevede l'uso di gomiti, nocche e punte di dita; manipolazione profonda, insomma. In uno degli ultimi incontri, un compagno di corso arriva e dice: "Sapete, ho appena fatto un corso di una tecnica fuori da tutti gli schemi, americana, sviluppata da un medico che si chiama Milton Trager. Se volete, vi faccio provare". Figurarsi! Tutti, in perenne sindrome di "una-tecnica-in-più-non-guasta", acconsentono. Ne nasce una improvvisata dimostrazione in cui l'esperto (sic!) mostra quello che ha imparato: contatto morbido ma sostanzioso con il fruitore, movimenti dolci, onde che si propagano per tutto il corpo, senso del peso, suggerimenti di apertura, senza mai raggiungere la soglia del dolore… E tutto questo mentre chi lavora sta in uno stato di concentrata attenzione, a percepire la persona in profondità, nel più grande rispetto.
Piermario si innamora di questa "cosa" a prima vista. Tornato a casa, dice a Maria Rosa: "Ho trovato il tipo di bodywork che sembra fatto apposta per te!". Lei, già con anni e anni di corsi e di pratica alle spalle, risponde: "Ma va là, pivello, sempre dietro alle novità, tu!" Lui, di rincalzo: "Ti iscrivo con me al prossimo corso. Mal che vada ti fai una vacanza."

Lignano, Settembre 1990, nel cerchio di presentazione iniziale del gruppo: "Mi chiamo Maria Rosa e sono stata portata qui da Piermario. Non so assolutamente nulla del Trager." L'insegnante (Fabienne Hirsch, francese, della stazza di Obelix ma dolcissima) non si scompone: "Resta e vedi se ti piace".
Siamo restati. Pian piano, proseguendo la formazione, ci siamo accorti di essere stati dolcemente stregati. Il fascino del Trager è sottile: utilizza l'umanità del contatto fisico per arrivare a stabilire una connessione profonda con la persona con cui si lavora, non impone, non vuole aggiustare nulla, suggerisce, comunica. Il Trager ci ha stregati con la sua concretezza: educa a partire da ciò che si sente nel proprio fisico per imparare ad andare "oltre". Non è mai ben chiaro se nelle sedute riceve più beneficio l'operatore (a noi piace il termine educatore) o chi ne fruisce. Il lavoro si caratterizza in due filoni, sempre congiunti: quello del lavoro ricevuto passivamente sul lettino, e quello del gioco propriocettivo di movimenti eseguiti attivamente - che il Dottor Trager ha chiamato Mentastica, ovvero ginnastica che scaturisce dalla mente, dall'anima.
Tutto parte sempre dalla ricerca dentro di sé, con domande che ricordano i colpetti dati a un calice di spumante per far salire su le bollicine, lasciando che sia il nostro profondo a rispondere… "Come potrebbe essere il mio collo più morbido, leggero, sciolto…?", "Come potrebbe essere questa gamba più libera, allegra…?" E il tessuto risponde. La magia è sentire come il nostro sistema mente/corpo e quello della persona che è in contatto con noi danno la risposta e imparano a trovare uno stato di "miglior-essere".

Voce dal loggione: "Sì, va bene, ma come funziona?".
Ok, ok, ci arriviamo!

Il Dottor Trager aveva due frasi che ripeteva spesso: "E' il tessuto che mi interessa, il tessuto (cioè muscolo, osso, pelle, organi…) e la sua risposta!" e "La sola cosa che mi interessa di una persona è la sua mente (in tutte le accezioni del termine, quindi anche spirito, anima, intelligenza, memoria…)!". La contraddizione è solo apparente. Il senso del tatto, sia dell'educatore che della persona che impara, è il mezzo di comunicazione principale tra le due intelligenze.
"Come senti questo?…" e tu posi la mano morbida e rilassata sulla spalla dell'amico. Lui può rispondere "Sento la tua morbidezza, il tuo calore…" e, se trova la cosa di suo gusto, porta maggior attenzione alla sua spalla e la rende ancora più ricettiva, per beneficiare ancor più della piacevolezza che sta vivendo in quell'area. Magari la rilassa, per adattarsi ancor di più al contatto. Forse stava pensando a qualche sua pesante responsabilità e, credendo di sopportarla meglio, aveva contratto quella spalla… O il problema non è più presente, ma nella spalla è rimasta la contrattura ("Non si sa mai, potrebbe di nuovo cascarmi il cielo sulla testa!…") e l'inconscio continua a comandare la contrazione dei muscoli secondo uno schema di reazione inutile. Il contatto dolce è il messaggio diretto alla mente: "Senti, non hai bisogno di difenderti, qui… se vuoi, puoi lasciar andare…". E l'inconscio, a tanta amorevole insistenza può rispondere: "Caspita, hai ragione, si sta proprio meglio senza questa tensione!" e "Messaggio prot. n. AX34Y/3bis diretto ai seguenti muscoli: […]. Sciogliere la contrattura, ripeto, MOLLARE!". Subito dopo potrebbe decidere: "Correzione di schema di reazione permanente ai muscoli […]: rilassamento => stato ordinario". CLICK.

Tu che hai la mano sulla spalla dell'amico senti il plunf della spalla che si è lasciata andare. Tu non hai fatto proprio niente, ha fatto tutto lui. Ha imparato che non ha bisogno della spalla contratta. "Wow, che mani magiche!", ti dice l'amico. In realtà hai portato nel contatto la sensazione delle tue spalle sciolte e l'hai comunicata a lui. Da mente a mente, in connessione profonda. Meglio che tra due computer.

A oltre dieci anni di distanza siamo ancora qui, a contemplare queste meraviglie, sempre più stregati e con sempre maggiore entusiasmo nel realizzare, nel nostro piccolo, l'ideale del Dottor Trager: "Il mio lavoro consiste nel portare la pace nel mondo, una persona per volta".

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